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Monoculture

Non faccio in tempo a scrivere del crepaccio tra le culture che questo fa delle vittime. Questi giorni un noto divulgatore scientifico e professore universitario, il cui nome non diffonderemo [1], ha acceso una piccola polemica sul senso dell’arte moderna.

La polemica è piccola; piccola perchè discussione tra persone su un social network nel tempo libero, e piccola perchè fatta di piccoli argomenti, praticamente la riedizione de Le vacanze intelligenti di Alberto Sordi. Insomma, questo:

La pala sarebbe però esposta al MoMA, uno dei principali musei mondiali d’arte moderna; la pala è infatti In Advance of the Broken Arm di Marcel Duchamp, costui uno dei pilastri dell’arte moderna come sa chiunque abbia aperto un manuale di liceo di storia dell’arte. È fatta apposta per essere provocatoria, ma questo il nostro scienziato e divulgatore non lo sa, e si lascia provocare. Mica perchè “non capisca”, eh, si badi bene: il nostro scienziato e divulgatore non sa neanche chi sia Duchamp nè si mette a cercarlo su Wikipedia, ma si arroga comunque il diritto di definire cosa è arte e cosa non lo sia:

La deiezione credo sia, giusto per la cronaca, Twin di Robert Ryman. Che il MoMA non vi associ (pare) un apparato divulgativo decente accanto è una vergogna. Ma se si è curiosi, il senso del quadro non è esattamente imperscrutabile: basta cercare cinque minuti su Google:

Ryman is interested in paintings as objects, as extensions of the walls to which they are affixed. For this reason, hanging devices—bolts, tacks, screws, and staples—are often integral to the works. His signature and the date also serve as compositional elements in the paintings. His investigation of painting has led him to use a wide variety of paints and supports—painting in casein, graphite, ink, gouache, oil, and acrylic enamel on canvas, paper, wood, aluminum, steel, and Tyvek. In the way that he applies his mediums, Ryman is as varied as his materials, using bold sweeps of paint, small strokes, drawn grids, and collages.

Non è l’ignoranza in sè dello scienziato e divulgatore il problema principale, perchè -come nella discussione ha fatto giustamente notare un’altra divulgatrice che non ama essere nominata- la scuola fa poco per insegnare l’arte e i musei fanno ancora meno, spesso ignorando l’esigenza di spiegare le opere a un pubblico non specialista. Del resto anche io di Duchamp so meno di quello che dice il sopra citato manuale del liceo. Ryman non sapevo neanche chi fosse. Il problema è che invece di domandarsi “che ci fa quella pala appesa in un museo?” si preferisce fare boria della propria ignoranza in materia. Tenersela cara l’ignoranza, come se fosse fonte di saggezza. Non che Duchamp o Ryman debbano per forza piacere, ma almeno giudicarli a ragion veduta.

La cosa sarebbe più che tollerabile e giustificabile da parte di una persona qualunque. Ma qui parliamo di una persona non qualunque: parliamo di un professore universitario, autore di libri divulgativi e di una rubrica fissa sulla massima rivista italiana di divulgazione scientifica. Un esponente di quella che una volta sarebbe stata élite culturale, e che ora non sa neanche porsi delle domande in un museo. Peggio: che rifiuta, ripetutamente e scientemente, di porsele, perchè se si richiede di pensare, allora, secondo costui, non è più arte.

La discussione che ne è seguita è stata immane, accesa, e sterile (ma amo le discussioni immani, accese e sterili). Fino al punto in cui capiamo davvero perchè, nonostante la dovizia di spiegazioni fornite, sia così incrollabile il giudizio del nostro scienziato e divulgatore:

Se gli scienziati, professori universitari e divulgatori di scienza del XXI secolo non riescono a concepire che guardare un’opera d’arte richieda uno sforzo intellettuale superiore a quello del giudicare sessualmente un individuo del sesso opposto, allora siamo in fondo all’abisso. Non esiste più la cultura: esistono le monoculture, campi monotoni a puro uso di nutrimento, che mai si mescolano in giardini (bio)diversi per qualcosa di più. Per la monocultura del nostro professore e divulgatore l’arte come cultura è incomprensibile; simmetricamente per il critico d’arte probabilmente la scienza non è accettabile come cultura. Isole che non parlano la stessa lingua, persone che hanno ricevuto un’istruzione miope, allenati a vedere solo in fondo al proprio tunnel. Gli abitanti dell’arcipelago malinconico della cultura contemporanea si scherniscono tra loro: per ciascuno, gli altri sono estranei che balbettano sillabe insensate. In greco, barbari.

—-
[1] (si è assai risentito quando ho citato, tramite screenshot, i commenti -pubblici e disponibili online a chiunque- ai miei amici. L’equivalente del postare un ritaglio di giornale: ma varie persone hanno un senso strano di come funzioni Internet. Pentito dell’offesa arrecata, rispetterò questo senso strano)

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