Con l’attuale discussione sulla nuova legge elettorale, di cui ho brevemente scritto su Wired, sento il bisogno di stabilire alcuni punti sparsi.
1. L’unica legge elettorale rappresentativa è il proporzionale. Secco su base nazionale, senza sbarramenti. Perchè si possa parlare di democrazia rappresentativa, il voto di ogni elettore deve essere rappresentato con lo stesso peso. Nessun’altra legge elettorale garantisce questa condizione.
In teoria neanche il proporzionale lo garantisce pienamente, in quanto la sua rappresentatività dipende dal numero dei parlamentari: se ci sono, per esempio, 100 parlamentari, qualsiasi partito sotto l’1% non viene rappresentato. Ma questa è una limitazione intrinseca del fatto che il Parlamento si presuppone essere una mappa in scala delle opinioni del Paese, e nella riduzione di scala si perde qualcosa (Ne deriva peraltro che il numero dei parlamentari deve essere il più alto possibile, se si vuole accuratezza e rappresentatività). Ma non viene effettuata nessuna distorsione.
2. Maggioritario, premi di maggioranza, sbarramenti, e combinazioni di essi non sono compatibili con la democrazia rappresentativa. È banale che in questi casi alcuni voti varranno meno di altri, o addirittura zero. In teoria, in un maggioritario uninominale secco, un partito che prenda il 50%+1 in ciascun collegio prenderà il 100% dei posti in parlamento. I voti del partito vincitore quindi varranno doppio rispetto al loro peso percentuale effettivo; tutti gli altri non valgono nulla. Senza arrivare a questo caso estremo, ogni distorsione della mappa elettorale implica una distorsione del valore del voto – e i partiti lo sanno bene, vedasi il concetto di gerrymandering. Distorsione tanto più odiosa quanto essa conferisce ulteriore potere a chi è già maggioranza, e depaupera definitivamente chi è già minoranza.
3. Ogni dibattito sull’abbandono del proporzionale secco è un dibattito sull’abbandono della democrazia. A favore di qualcos’altro, come la governabilità. L’esistenza di questo dibattito è del tutto legittima. Meno legittimo è ignorare la portata del dibattito, che non è mera questione tecnica, ma discute la radice del concetto di democrazia rappresentativa: i cittadini sono tutti uguali o no? E se no, perchè e in che modo dobbiamo creare una diseguaglianza?
4. La governabilità assoluta è un miraggio. La governabilità è assicurata solo dai sistemi totalitari – e non completamente. La funzione di un’assemblea parlamentare è anche quella, paradossalmente, di permettere la caduta di un governo in carica. Se così non fosse, il Parlamento sarebbe inutile: il governo eletto andrebbe in carica e prenderebbe autonomamente le decisioni per il periodo stabilito, e al limite gli esponenti degli altri partiti potrebbero avere un ruolo di lobbying o di consulenza.
5. Bipolarismo non è sinonimo di civiltà. Si cita spesso che le democrazie moderne sono “democrazie dell’alternanza”, inevitabilmente bipolari, prendendo esempio dalle democrazie degli Stati Uniti, per esempio. In UK, che viene considerato un sistema ci sono tre partiti chiave (Conservatives, Labour e Liberal Democrats); in Germania ci sono cinque partiti in Parlamento, eletti con un sistema approssimativamente proporzionale, che formano regolarmente governi di coalizione.
6. Il bipolarismo è un sistema ideologico con conseguenze ideologiche. Poche affermazioni sono menzognere come “la fine delle ideologie”. Le ideologie non possono finire, perchè ogni rappresentazione del mondo che vogliamo è inevitabilmente un’ideologia. Quella che viene chiamata come “fine delle ideologie” è in realtà la vittoria totale di una ideologia, quella delle democrazie occidentali liberiste.
Il bipolarismo ne è contemporaneamente sostegno e conseguenza. È un modo per conservare l’apparenza e l’apparato delle democrazie, ma per svuotarne la sostanza – quella del conflitto e del compromesso tra visioni alternative della società. Innanzitutto perchè riduce la -teoricamente illimitata- pluralità degli scenari possibili a due sole alternative onnicomprensive. In secondo luogo perchè le due alternative rischiano costantemente di incontrarsi entrambe al centro. I due partiti diventano quindi due correnti, blandamente distinguibili, di un’unica ideologia, che non viene mai più messa in discussione.
È solo in questo senso che entrambi i partiti possono accordarsi sul fatto di desiderare un’alternanza. Solo in uno scenario in cui la politica si castra all’interno di un singolo orizzonte ideologico, allora questa può decidere di “passare la palla” senza contraccolpi.
7. Il bipolarismo è intrinsecamente totalitario. Forse “totalitarismo” è un termine eccessivo, ma il bipolarismo, per quanto sopra, porta lentamente all’annichilimento di ogni alternativa ideologica all’ideologia dominante (e in Italia ce ne stiamo accorgendo), o perlomeno alla sua marginalizzazione. Ogni movimento che non sia una mera “variazione sul tema”, inglobata nei due “poli” (che opposti non sono) e che quindi ha bisogno, culturalmente e politicamente, di farsi strada lentamente nella società, non può farlo perchè non può quasi mai sperare in una rappresentanza politica.
Più in generale, qualsiasi deviazione dall’ideologia dominante viene tacciata di estremismo – categoria che invece andrebbe cancellata dal lessico politico in quanto priva di senso. Quasi ogni ideologia concepibile è “estrema” o “moderata” a seconda del sistema di riferimento, dell’epoca storica e della tematica in considerazione.
Questo è possibile anche perchè la presenza di sbarramenti impliciti o espliciti in questi sistemi elettorali non solo genera una situazione favorevole alla legge di Hotelling o paradosso del gelataio che dir si voglia. Ma non essendoci più delle “estreme” in Parlamento, i partiti non hanno neanche bisogno di cercare alcun compromesso con esse, di ascoltare lontanamente le loro istanze e averle sul tavolo. Politicamente chi non segue i due partiti dominanti, semplicemente, non esiste.
Non a caso spesso chi è fautore del bipolarismo pone esplicitamente un contrasto tra politica del compromesso e politica dell’alternanza, indicando la prima come negativa. Mentre invece il compromesso tra ideologie differenti dovrebbe essere l’unico sale di una politica plurale.
Tutto questo genera quindi una società totale, che accetta, appoggia e persegue i principi e le finalità dell’ideologia dominante, senza neanche concepire un’alternativa. Rapidamente l’idea di modelli alternativi di società diventa straniante e remota come l’idea di ritornare al feudalesimo, o alle tribù di cacciatori-raccoglitori.
In questo senso le democrazie liberiste sono ironicamente simili alle democrazie popolari socialiste, dove i parlamenti esistevano e contavano una sequela di partiti che erano de facto irrilevanti in quanto subordinati all’ideologia del partito dominante. La differenza è che tutti i partiti sono partiti dominanti subordinati a un’ideologia comune, senza un unico riferimento.
Prova ne sia, ancora una volta, il fatto che il bipolarismo si vuole retto o reggere su sistemi che sono normalmente non rappresentativi, come appunto il maggioritario uninominale, o distorti da premi di maggioranza. Sistemi distorti appositamente per consolidare il dominio ideologico dei molti, e quindi inevitabilmente annichilire il contributo dei pochi.
8. Desiderare il bipolarismo, la non-rappresentatività è legittimo, ma deve essere posto onestamente. Ci sono ottimi motivi -anche se non li condivido- per essere a favore dei sistemi maggioritari, distorsivi, bipolari etc. Però deve esserci onestà intellettuale. Si dica: “non voglio una democrazia rappresentativa perchè…”, “desidero una diseguaglianza nel potere dei voti perchè…” eccetera. Sia chiaro cosa si guadagna e cosa si perde, a tutti.
9. Questo non è un mero dibattito teorico. Si può pensare che queste siano questioni di definizione, lana caprina teorica, considerazioni dettate da formalismi, e che l’interesse pratico sia altra cosa e detti altre soluzioni. Niente di più falso. Le regole del gioco determinano il gioco, e quindi determinano anche la conclusione. L’attuale situazione di dominio ideologico neoliberista si regge nella pratica quotidiana su questo tipo di regole. Ogni possibile alternativa, ogni proposta radicale, se non può incidere sulla popolazione all’interno del legittimo dibattito politico, è condannata inevitabilmente all’autoreferenzialità e all’irrilevanza – questo è infatti lo status attuale dei movimenti di cosiddetta “sinistra antagonista” da un lato e “destra radicale” dall’altro. Si rammenti che questo scopo -l’eliminazione delle proposte altre– è spesso dichiarato esplicitamente e senza pudore alcuno dai fautori dei sistemi elettorali non rappresentativi.
I tentativi di riforma pratica, concreta della società (in primis mi viene in mente quella delle tutele del lavoro) che richiedono una diversa struttura della società stessa (invece che una semplice sintonia dei parametri in cui si trova) è quindi subordinato alla sua accoglienza da parte dei due partiti. I quali inevitabilmente faticheranno ad accoglierlo, così come faticano ad accogliere qualsiasi cosa si scosti dall’ideologia dominante.
Infine, la scomparsa delle ideologie alternative dalla visione del mondo genera risposte mostruose, abortive, come quella del Movimento Cinque Stelle. In cui una confusa consapevolezza dello status quo inamovibile si accompagna però a una completa mancanza di proposta alternativa strutturale, a un’architettura di società che esca dai canoni noti. Come una neolingua che non permette di pensare dei concetti in quanto non esiste una parola per esprimerli, così l’ideologia dominante impedisce di pensare delle alternative perchè non esiste più una cultura capace di esprimerle o legittimarle.
10. Ci siamo accecati da soli, e non vediamo più che questo non è, non può essere il migliore dei mondi possibili.
Tanti anni fa frequentavo un piccolo partito che aspirava alla rivoluzione democratica socialista. Un concetto che rimuginavamo fra noi è che certe istanze “estreme”, radicalmente slegate dal contesto della cosiddetta democrazia borghese o anche solo lievissimamente rappresentate al suo interno, avrebbero avuto bisogno di una rivoluzione per essere realizzate. In pratica: non serve a molto avere un vero partito estremista in parlamento se il suo compito è solo di intervenire ogni tanto per ricordare alla stragrande maggioranza del parlamento stesso che sta andando in un’altra direzione. Il parlamento borghese, tutto sommato, ha senso che sia composto solo da rappresentanti di ideologie borghesi.
Lì però cascava il nostro asino (ed è il motivo per cui, alla fine, ho smesso di militare): una rivoluzione democratica, secondo noi, aveva bisogno di una vasta partecipazione popolare (sennò sarebbe stato un colpo di stato, antidemocratico per definizione) e quindi era necessario che tanta tanta gente (la maggioranza!) sviluppasse un pensiero politico antagonista radicale e si attivasse tutta insieme per rovesciare il regime borghese. Un bel giorno mi son detto: “ma chi? questi italiani qui? questi qui dovrebbero farsi tutti insieme una coscienza politica ed insorgere?”… ho mollato l’attività politica e le velleità di cambiare il mondo e sono tornato a masturbarmi nel mio buchetto, consapevole che la rivoluzione democratica socialista non si sarebbe mai realizzata ed anche che in parlamento avrebbero continuato ad andare gli amici degli amici dei potenti di turno, tutti quanti belli integrati nell’ideologia unica che tu stesso descrivi.
Sei uno scienziato fino al midollo. Apprezzo e odio alcuni cose di te. Primo, vuoi uscire dall’accademia e poi ci ritorni! Perche’?
Lys masturbati nei tuo buchetto e vai a fare in culo!